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GIALLO

di

Noemi Fabbri


Ora vi racconto le disavventure di un pittore sbadato di nome Gerolamo.
Un giorno, mentre dipingeva un bel quadro tutto rosso, sentì fuori dalla finestra tanti sospiri. Si affacciò e non vide nessuno, richiuse la finestra ma ... ai sospiri si accompagnarono i lamenti, e dunque tornò ad affacciarsi, ma anche stavolta non vide nessuno e così pensò tra sé e sé: "Sono diventato matto, ho immaginato di sentire dei lamenti", e poi riprese a dipingere il suo bel quadro rosso. Questa volta però sentì dei veri e propri singhiozzi e decise di uscire in cortile e seguire le voci per capire da dove venivano.

In un angolo del prato vide dei pulcini che beccavano piangendo, dei fiori con i petali a penzoloni e un covone di paglia che sussultava dai singhiozzi. Quello che gli sembrava strano era che tutti avevano solo i contorni neri, e perciò chiese loro: "Ma dove avete messo i vostri colori?".
I poveretti risposero: "Devi sapere che la strega Birimbella, per farci un dispetto, con una magia ci ha portati via i nostri colori; come faremo mai? Poveri noi!". "La nostra mamma Coccodè - aggiunsero i pulcini - non ci riconoscerà più, non ci verrà più vicino!". "E noi cosa dovremmo dire? - si lamentavano i girasoli - Abbiamo tutti i petali a penzoloni, non sembriamo nemmeno più dei fiori!". "E io? - disse piangendo il covone di paglia - Sembro uno scarabocchio!".
Ad un tratto una voce grossa grossa interruppe tutte le lamentele e i pianti dicendo: "Vi lamentate voi? Cosa debbo dire allora io che sono l'astro più importante?!". Il pittore alzò gli occhi e si accorse che a parlare era il sole, pure lui nelle stesse condizioni, e gli chiese: "Anche a te la strega Birimbella ha fatto un brutto scherzo?". "No, - rispose il sole - è stata la nuvola Gelsomina, che passandomi davanti mi ha portato via il colore. Povero me! Come farò mai ad illuminare la terra, a scaldarla con i miei raggi? Sono proprio disperato... ti prego, aiutaci!". "Mi raccomando di non dimenticarti di me! - intervenne l'arcobaleno - Sono magro magro: come farò ad avvertire la gente che è finito il temporale?".
Il pittore promise di fare il possibile per trovare il loro colore, e salutandoli tornò a casa. Come entrò nell'ingresso, da sbadato com'era, non si accorse che in un angolo c'era uno strano barattolo che non aveva mai aperto, perciò con un calcio lo fece rotolare, anzi volare, e la caduta fu così disastrosa che si aprì il coperchio facendo così fare il bagno al povero gatto che se la dormiva tranquillamente. Povero Archimede! Non solo aveva cambiato colore, ma era tutto bagnato e talmente spaventato che, infilata la porta ancora aperta, se la filò nel giardino.

Il pittore non si accorse di tutto quello che era successo e, impegnato a pensare come poter aiutare quei poveretti, sentì dal prato delle voci allegre che gridavano a perdifiato: "Evviva! C'è riuscito! Urrà per il pittore!". Si precipitò fuori di casa, e vi lascio immaginare il suo stupore quando vide Archimede che si pavoneggiava e i poverelli (che prima piangevano disperati) che battevano le mani, ridevano, cantavano con calore.
Il pittore chiese: "Che cosa è successo? Cos'è che vi rende tanto felici?". Risposero tutti in coro: "Siamo felici perché hai scoperto il nostro colore! Dai, coloraci subito!".
Allora guardò bene il gatto Archimede, poi tornò in casa e scoprì che nello sgabuzzino aveva un barile quel colore. Armato di un pennellone grosso grosso, colorò prima i pulcini, poi il sole, il covone di paglia e i fiori.
Alla fine esclamò: "Ora sì che siete veramente belli! Questo colore lo chiamerò giallo". Poi chiamò l'arcobaleno che felice gli si avvicinò per farsi aggiungere quel colore, e così tutto finì bene.

I pulcini ripresero felici a beccare nel prato, il covone si gonfiò pavoneggiandosi, il sole in alto tornò a brillare e il girasole ricominciò a girare seguendo i suoi raggi. Il gatto invece iniziò a lavarsi il pelo con la lingua, l'arcobaleno si dondolò di nuovo in cielo, e il pittore tornò al suo quadro rosso e ... indovinate: ci aggiunse pure dei bellissimi fiori gialli. Quanta pace era tornata!


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