Ritorna alla pagina principale



Albertina, volpe golosina

di

Cris


Tirava un vento che chissà: la neve ed il gelo rendevano quella, una notte da lupi.
Proprio i lupi, lì in Abruzzo, qualche volta si facevano vedere, nel piccolo paesino di Pìzzoli, quando l’inverno li spingeva fino al paese a frugare in qualche bidone della spazzatura, disperati per la fame.
Tonio aveva fatto tardi, uscito dal bar nella piazza, si raggomitolò dentro il suo cappotto, si calcò il berretto e si avviò verso casa, dove la moglie già dormiva da un pezzo. Ad un tratto, però, vide nella bufera qualcosa che si muoveva sulle scale della chiesa.
"Ma guarda" - disse fra sè Tonio - "Un cane che si è perso! Vieni cagnolino, vieni qua, bello!" Si avvicinava sempre più all’animale e quello, spaventato, indietreggiava.
"Ma...ma .. tu non sei un cane!" "Venite, presto.." urlò Tonio.
"Smettila Tonio, c’è gente che dorme a quest’ora. Vai a letto anche tu che è meglio" - dicevano i compaesani dalle finestre della piazza.
"No, ragazzi venite...c’è una volpe"
La povera bestiola, impaurita ed un po’ stordita dalle urla della gente, si era rintanata in un angolo e non si muoveva più.
"Povera bestia" esclamò Tonio - "Sarà scesa dai monti per la fame. Proviamo a darle qualcosa da mangiare"
Intanto era sceso in piazza anche il sindaco, con tanto di pigiama a rigoni blu e bianchi, il barbiere, e il vigile, la bottegaia, il direttore dell’ufficio postale.
Mentre questi confabulavano, la volpe, approfittando del trambusto, sgattaiolò verso la porta del bar che era rimasta socchiusa, entrò, e in un batter d’occhio era già saltata sul bancone e aveva preso tre brioches calde, pronte per il mattino seguente, e dileguandosi nella bufera. I paesani rimasero con tanto di naso, gabbati dalla proverbiale furbezza e velocità della bestiola.
"Va beh, si è fatto tardi" - disse Tonio.
A poco a poco la piazza si svuotò. Si sentiva solo il fischio del vento e il chiarore delle luci della piazza era accentuato dalla nebbia.
Il giorno successivo, il fatto era sulla bocca di tutti. Chi ne parlava a lavoro, la bottegaia che discuteva dell’accaduto con il prete che, nonostante il trambusto, aveva continuato a dormire della grossa. Anche la maestra aveva dedicato la mattinata a spiegare ai bambini cosa era successo ed aveva dato loro il compito di fare una ricerca sulle volpi.
La sera successiva, come al solito, tutti erano al bar: chi vedeva la partita di calcio alla televisione, chi giocava a carte, chi sonnecchiava con il giornale sulle ginocchia. Il barista andò ad aprire la porta d’entrata per fare uscire un po’ di fumo, quando ad un tratto Tonio disse: "Ragazzi, fermi, non muovetevi guardate chi c’è".
La volpe della sera prima era timidamente entrata dalla porta e piano piano si dirigeva verso il bancone. Stettero tutti fermi. Lei, con un agile balzo salì, prese tre brioches e scappò via. Il giorno successivo provarono a metterle fuori della carne e degli avanzi della cena, ma niente da fare. La volpe voleva solo le brioches e ogni volta ne prendeva una di più, tanto che il barista, quando verso sera le infornava, contava anche la volpe. Era diventata l’attrazione locale, tanto che alla sera gli abitanti si ritrovavano al bar per vedere la piccola Albertina, così l’avevano chiamata, che arrivava a prendere le sue brioches.
Andò avanti così per diversi giorni, quando, però, una sera non la si vide più. Il giorno dopo i bambini della scuola elementare, subito allarmati, organizzarono una spedizione per trovarla e portarle da mangiare. Forse aveva dei piccoli, pensavano, o forse era rimasta presa in qualche trappola.
Andarono, spargendosi nei boschi adiacenti, ma non la trovarono. Visto che era golosa di brioches, decisero allora di prendere un grosso cesto, metterci dentro delle brioches e portarle nel bosco.
Dopo qualche giorno, un pomeriggio di sole, Albertina finalmente arrivò.
Tutti la videro mentre saliva lentamente dalla strada principale, e stettero in silenzio per non spaventarla. La bestiola si trascinò fino alla piazza del paese e, arrivata di fronte al bar, crollò svenuta. Subito una folla le si raccolse attorno. Ma perchè era svenuta? Albertina, a forza di mangiare brioches, aveva fatto indigestione ed era ingrassata talmente tanto che non si reggeva neanche in piedi. Dopo un po’, sempre dalla strada principale, arrivarono i suoi cuccioli, anche loro cicciottelli come dei maialini e si andarono a buttare vicino alla madre.
Cosa fare? Metterla a dieta, non si poteva. I bambini decisero allora di costruirle un recinto dietro la chiesa e di tenerla lì con i suoi cuccioli, fino a che non si fosse rimessa del tutto. Arrivò il veterinario che diede loro una ricetta, con le cose che doveva mangiare e bere. Albertina stava lì, buona buona, era diventata affettuosa come un cagnolino. I bambini giocavano con i suoi cuccioli e lei non diceva niente.
Quando si fu rimessa del tutto, però, si presentò agli abitanti di Pìzzoli il problema di liberarla o tenerla nel recinto. Si riunì tutto il consiglio comunale, al quale parteciparono eccezionalmente anche i bambini della scuola che, alla fine, dovettero accettare il verdetto: "Albertina deve essere lasciata in libertà". I bambini allora andarono con le lacrime agli occhi ad aprire il recinto di Albertina e lei scappò con la cucciolata, veloce verso il bosco.
La vita riprese come al solito a Pìzzoli, ma i bambini pensavano sempre alla loro Albertina. Un bel giorno il barista stava riordinando i tavolini del bar quando vide fuori dalla porta Albertina con i suoi cuccioli seduti sullo zerbino. Era tornata! E da quel giorno Albertina va tutte le mattine "a fare colazione" al bar.

(Tratta da "Il Giornalino - Primo Conto" della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza)


Ritorna alle favole di Cris&Franz

Ritorna alla pagina principale