Ritorna alla pagina principale



L'orsetto

di

Cris


Nella grande pianura, ai piedi delle colline, viveva in una casetta, un contadino che possedeva un fazzoletto di terra coltivato a vite e una stalla con tre mucche. Viveva da solo, perchè nessuna donna del paese lo aveva voluto sposare a causa del suo caratteraccio.
Una notte di maggio fu svegliato da un cinguettio. Di fronte alla finestra della sua camera c’era una grossa quercia dove, in primavera, facevano il nido i corvi. "Maledette bestiacce! Adesso vi faccio vedere io!" - così prese il fucile e si mise a sparare sui nidi uccidendo tutti i piccoli. Quell’anno i corvi si mangiarono tutta l’uva della vigna. Anche l’anno dopo i corvi non se ne andarono, così egli decise di provare a mettere qualche spaventapasseri. Niente da fare, rimanevano lì, svolazzavano intorno alle viti, gracchiando e sbattendo quelle alacce nere quasi come per beffarsi di lui.
Una sera, mentre riordinava il solaio, il contadino trovò un vecchio orsacchiotto. Doveva essere stato molto bello e con lo sguardo più dolce che mai, ma ora era tutto sporco e sgualcito. Il contadino pensò fra sé : "Ma guarda, domani proverò a legarlo in cima ad una vite, per vedere se li farà scappare". Così fece. Legò l’orsacchiotto per il collo e se ne andò. I corvi arrivarono, lo guardarono e, spaventati, se ne andarono via. Il contadino non credeva ai suoi occhi: quel pupazzetto aveva funzionato. Il povero orsacchiotto, intanto, si era inzuppato d’acqua e si stava spezzando il collo a forza di rimanere legato là sopra.
Un giorno passò di lì una bambina con il nonno, vide l’orsacchiotto impiccato sul palo e si mise a fissarlo e, mentre le lacrime le scendevano giù per le guance rosse dal freddo, disse: "Nonno, guarda! Lo hanno impiccato qui al freddo. Ma cosa avrà fatto di male?". "E’ solo un pupazzo, bambina mia, vieni andiamo che è tardi". Ma la bambina aveva fissato tanto quell’orso che le sembrava di vederlo respirare. "Fammelo almeno toccare da vicino" - disse la bambina. Il nonno, commosso, volle accontentarla e la prese in braccio. Lei con la dolcezza della sua manina, lo accarezzò piangendo e disse: "Non preoccuparti, quando sarò grande verrò a liberarti".
Il giorno successivo il contadino contento per aver finalmente scacciato i corvi, andò nel vigneto e disse ad alta voce: "E bravo il mio orsacchiotto, hai salvato il mio raccolto."
"Si, ma io qui sto male".
Subito non fece caso a quello che aveva sentito e poi disse tra sè: "Forse ieri sera ho alzato un po’ il gomito. Non è possibile che un pupazzo parli".
"Ti ho detto che sto male, slegami e portami a casa con te".
A questo punto il contadino, credendo di essere diventato completamente matto, si mise a correre all’impazzata con le mani nei capelli, e sbraitando scomparve nella nebbia della pianura.
I giorni passavano e l’orso rimaneva lì, legato e si inzuppava sempre più.
Un giorno la bambina, che abitava poco distante, finiti i compiti, decise di incamminarsi verso il luogo dove aveva visto l’orsacchiotto. Arrivò nella vigna. Lui era ancora là in alto, bagnato fradicio, con la testolina piegata di lato.
"Adesso ti vengo a liberare e poi starai sempre con me" - disse.
"Grazie" - rispose l’orso.
La piccola a sentire che l’orsacchiotto parlava, si mise a piangere dalla gioia. Si arrampicò sul palo, lo slegò e se lo portò via di corsa, stringendolo al petto. Arrivata a casa, si andò a chiudere in camera sua e, al caldo, asciugò l’orsacchiotto, cercando in qualche modo di ricucirlo e, quando ebbe finito, si fece raccontare la sua triste storia. "Lo sai, sono state le tue carezze a ridarmi la vita. Un tempo ero un piccolo orso in carne ed ossa, avevo una mamma e un papà e vivevo sulle montagne. Un giorno arrivarono dei cacciatori che ammazzarono i miei genitori, ma io riuscii a correre e a sfuggire loro. Vagavo disperato nei boschi quando ad un tratto incontrai una vecchia che mi disse: "Io posso salvarti dagli uomini che ti danno la caccia tramutandoti in un orso di pezza. Se troverai chi ti amerà, riavrai la vita e la parola come gli esseri umani e solo allora potrai decidere se rimanere di pezza oppure ritornare ad essere un vero orso".
Quella notte la bambina lo tenne stretto scaldandolo con il suo cuore e, il mattino seguente, disse all’orso: "Ti accompagnerò io nel bosco, così potrai ritornare come una volta: è il bosco la tua vera casa". Si mise il cappottino, ruppe il salvadanaio per prendere qualche soldo e pagarsi così il biglietto del pullman fino alle montagne e uscì di casa. Il viaggio fu triste, arrivarono al capolinea che iniziava a tramontare il sole. La bambina si avvicinò all’autista e lo pregò di aspettarla per il ritorno.
Prese l’orsacchiotto in braccio, gli tolse la copertina che lo avvolgeva e lo appoggiò sul prato lì vicino. Lei piangeva ma anche l’orsacchiotto si commosse e le disse "Ora, però, lasciami qui, torna verso il tuo autobus e voltati indietro per salutarmi solo quando sarai salita. Va’!".
Lei lo baciò sulla testolina e andò. Quando fu sul pullman e la porta fu chiusa, si voltò verso il punto dove aveva lasciato l’orsacchiotto e vide un orso in carne e ossa, alto più di due metri che sembrava salutarla con il sorriso e gli occhi di un pupazzo.

(Tratta da "Il Giornalino - Primo Conto" della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza)


Ritorna alle favole di Cris&Franz

Ritorna alla pagina principale