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di
Nella grande pianura, ai piedi delle colline, viveva in una casetta, un contadino che
possedeva un fazzoletto di terra coltivato a vite e una stalla con tre mucche. Viveva da
solo, perchè nessuna donna del paese lo aveva voluto sposare a causa del suo
caratteraccio.
Una notte di maggio fu svegliato da un cinguettio. Di fronte alla finestra della sua
camera cera una grossa quercia dove, in primavera, facevano il nido i corvi.
"Maledette bestiacce! Adesso vi faccio vedere io!" - così prese il fucile e si
mise a sparare sui nidi uccidendo tutti i piccoli. Quellanno i corvi si mangiarono
tutta luva della vigna. Anche lanno dopo i corvi non se ne andarono, così
egli decise di provare a mettere qualche spaventapasseri. Niente da fare, rimanevano lì,
svolazzavano intorno alle viti, gracchiando e sbattendo quelle alacce nere quasi come per
beffarsi di lui.
Una sera, mentre riordinava il solaio, il contadino trovò un vecchio orsacchiotto. Doveva
essere stato molto bello e con lo sguardo più dolce che mai, ma ora era tutto sporco e
sgualcito. Il contadino pensò fra sé : "Ma guarda, domani proverò a legarlo in
cima ad una vite, per vedere se li farà scappare". Così fece. Legò
lorsacchiotto per il collo e se ne andò. I corvi arrivarono, lo guardarono e,
spaventati, se ne andarono via. Il contadino non credeva ai suoi occhi: quel pupazzetto
aveva funzionato. Il povero orsacchiotto, intanto, si era inzuppato dacqua e si
stava spezzando il collo a forza di rimanere legato là sopra.
Un giorno passò di lì una bambina con il nonno, vide lorsacchiotto impiccato sul
palo e si mise a fissarlo e, mentre le lacrime le scendevano giù per le guance rosse dal
freddo, disse: "Nonno, guarda! Lo hanno impiccato qui al freddo. Ma cosa avrà fatto
di male?". "E solo un pupazzo, bambina mia, vieni andiamo che è
tardi". Ma la bambina aveva fissato tanto quellorso che le sembrava di vederlo
respirare. "Fammelo almeno toccare da vicino" - disse la bambina. Il nonno,
commosso, volle accontentarla e la prese in braccio. Lei con la dolcezza della sua manina,
lo accarezzò piangendo e disse: "Non preoccuparti, quando sarò grande verrò a
liberarti".
Il giorno successivo il contadino contento per aver finalmente scacciato i corvi, andò
nel vigneto e disse ad alta voce: "E bravo il mio orsacchiotto, hai salvato il mio
raccolto."
"Si, ma io qui sto male".
Subito non fece caso a quello che aveva sentito e poi disse tra sè: "Forse ieri sera
ho alzato un po il gomito. Non è possibile che un pupazzo parli".
"Ti ho detto che sto male, slegami e portami a casa con te".
A questo punto il contadino, credendo di essere diventato completamente matto, si mise a
correre allimpazzata con le mani nei capelli, e sbraitando scomparve nella nebbia
della pianura.
I giorni passavano e lorso rimaneva lì, legato e si inzuppava sempre più.
Un giorno la bambina, che abitava poco distante, finiti i compiti, decise di incamminarsi
verso il luogo dove aveva visto lorsacchiotto. Arrivò nella vigna. Lui era ancora
là in alto, bagnato fradicio, con la testolina piegata di lato.
"Adesso ti vengo a liberare e poi starai sempre con me" - disse.
"Grazie" - rispose lorso.
La piccola a sentire che lorsacchiotto parlava, si mise a piangere dalla gioia. Si
arrampicò sul palo, lo slegò e se lo portò via di corsa, stringendolo al petto.
Arrivata a casa, si andò a chiudere in camera sua e, al caldo, asciugò
lorsacchiotto, cercando in qualche modo di ricucirlo e, quando ebbe finito, si fece
raccontare la sua triste storia. "Lo sai, sono state le tue carezze a ridarmi la
vita. Un tempo ero un piccolo orso in carne ed ossa, avevo una mamma e un papà e vivevo
sulle montagne. Un giorno arrivarono dei cacciatori che ammazzarono i miei genitori, ma io
riuscii a correre e a sfuggire loro. Vagavo disperato nei boschi quando ad un tratto
incontrai una vecchia che mi disse: "Io posso salvarti dagli uomini che ti danno la
caccia tramutandoti in un orso di pezza. Se troverai chi ti amerà, riavrai la vita e la
parola come gli esseri umani e solo allora potrai decidere se rimanere di pezza oppure
ritornare ad essere un vero orso".
Quella notte la bambina lo tenne stretto scaldandolo con il suo cuore e, il mattino
seguente, disse allorso: "Ti accompagnerò io nel bosco, così potrai ritornare
come una volta: è il bosco la tua vera casa". Si mise il cappottino, ruppe il
salvadanaio per prendere qualche soldo e pagarsi così il biglietto del pullman fino alle
montagne e uscì di casa. Il viaggio fu triste, arrivarono al capolinea che iniziava a
tramontare il sole. La bambina si avvicinò allautista e lo pregò di aspettarla per
il ritorno.
Prese lorsacchiotto in braccio, gli tolse la copertina che lo avvolgeva e lo
appoggiò sul prato lì vicino. Lei piangeva ma anche lorsacchiotto si commosse e le
disse "Ora, però, lasciami qui, torna verso il tuo autobus e voltati indietro per
salutarmi solo quando sarai salita. Va!".
Lei lo baciò sulla testolina e andò. Quando fu sul pullman e la porta fu chiusa, si
voltò verso il punto dove aveva lasciato lorsacchiotto e vide un orso in carne e
ossa, alto più di due metri che sembrava salutarla con il sorriso e gli occhi di un
pupazzo.
(Tratta da "Il Giornalino - Primo Conto" della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza)