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di
A causa di una brutta carestia, nel paese di Ratzburg erano tutti poveri. Le madri non
sapevano cosa dare da mangiare ai loro figli e sulle povere tavole alle volte ci si doveva
dividere in cinque una pagnotta. I padri di famiglia si svegliavano presto per cercare di
coltivare la terra che, ahimè, non dava frutto. Nel paese regnava la miseria più nera ed
erano tutti tristi... tranne, però, nel vecchio mulino.
Egli era un uomo grasso e ricco, che aveva nei suoi magazzini tanta farina e tanto ben di
Dio da sfamare tutto il paese per almeno centanni. Ebbene, questo fornaio era
talmente avido e perfido che, ogni volta che scoccava il mezzogiorno, si metteva sulla
terrazza della sua bella casa nella piazza del paese, e mangiava, mangiava a più non
posso, sotto gli occhi dei poveri abitanti.
- Mhh, che buona questa torta e questo pollo arrosto...ah, adesso vado a fare un bel
riposino. -
I bambini se ne stavano incantati a guardare il fornaio mentre mangiava, poi salivano sul
terrazzo per vedere se era avanzato qualche cosa. Niente, finiva sempre tutto. Ogni sera
si ripeteva il triste spettacolo e, sempre ogni sera, i paesani si riunivano nella
chiesetta e, assieme al reverendo pregavano il buon Dio che in qualche modo li aiutasse.
Passavano i giorni, ma non succedeva nulla, non pioveva e non cresceva niente. E il
fornaio ingrassava sempre più.
Un giorno, alluscita dalla chiesa, i paesani videro sulla piazza un ometto piccolo
piccolo con un vestito tutto rattoppato e una bella faccia sorridente.
- E tu chi sei? - dissero alcuni.
- Sono venuto qui per aiutarvi -
- Ma, se ci aiuti, in cambio cosa vuoi?-
- Voi andate pure nelle vostre case e aspettate domani mattina -
Ormai allo stremo delle forze, i poveri paesani, non avevano altra scelta, andarono nelle
loro case e si misero a letto.
Quella notte lometto si avvicinò alla casa del fornaio che, dopo la sua mangiata
quotidiana, dormiva della grossa. Faceva un gran caldo e il grassone russava mandido di
sudore.
Piccolo com'era, l'ometto scivolò giù per il camino, entrò in casa dove prese le chiavi
del mulino. Raggiunta la grande dispensa, iniziò a rompere tutti i sacchi di farina, i
sacchetti di sale e le scatole di lievito, spalancò le finestre e uscì.
Quella notte iniziò a piovere, pioveva, pioveva a più non posso. Lacqua, per il
forte vento entrò dalle finestre nel mulino dapprima battendo sul davanzale, poi formando
lungo i muri dei rigagnoli che, una volta riunitisi ai piedi delle macine, al centro della
stanza, formarono una grossa pozzanghera. L'acqua, poi, arrivò fino alla farina che si
unì al sale e al lievito. Il vento intanto cominciò a far girare le pale del mulino,
azionò le macine che, come grosse mani, impastarono tutta la farina. Limpasto con
il passare del tempo cresceva e crebbe al punto da sfondare i muri. Alla mattina presto
smise di piovere e cominciò a battere forte il sole.
Al loro risveglio gli abitanti del paese non credevano ai loro occhi: al posto del mulino
cera una gigantesca pagnotta profumata.
Presi dalla fame, i paesani si misero a riempire del pane miracoloso tutto quello che
capitava loro sotto mano, poi, finita la pagnotta, svaligiarono completamente il magazzino
del fornaio.
Il fornaio, per il gran trambusto, nel frattempo si era svegliato e se ne stette a bocca
aperta, immobile a vedere la scena non sapendo cosa fare. Dopodiché distrutto dal
dispiacere e dalla vergogna, pronunciando frasi insensate, si diresse verso il fiume e di
lui non si seppe più nulla.
(Tratta da "Il Giornalino - Primo Conto" della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza)