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Va' dove ti porta il vento

di

Franz


I libri avevano vita breve nel placido paese di Moriacart. Non riuscivano a trascorrervi un giorno che si sbriciolavano. Dapprima perdevano peso, poi i fogli cominciavano a saldarsi l'uno con l'altro, rendendo impossibile la lettura, infine, se appena uno li apriva, sfarinavano in un mucchietto. Si diceva che questo fosse dovuto al profumo che aleggiava nell'aria del regno, da quando, parecchi anni prima, morto il re, la sua giovane sposa aveva preso il suo posto.
Unpodori si chiamava ed era bella a vedersi, fascinosa nei gesti e nelle vesti, agghindate da pietre mai viste, e particolarmente abile e spietata nel trattare con chiunque volesse misurarsi con lei in intelligenza e amore. Principi e re, nobili e cavalieri, forti sia nelle armi sia nel pensiero, si erano presentati a lei sicuri che, di fronte all'imponenza dell'armatura, Unpodori sarebbe cascata ai loro piedi. E lei li faceva accomodare sui sofà dell'anticamera, ad odorare quel profumo ora più forte ed inebriante e a guardare dalle tende velate le sagome delle ancelle di passaggio, poi, al calar del giorno li faceva entrare infervorati da tanto aspettare. Nella luce soffusa del tramonto, Unpodori riassettava con fare innocente la sua veste e suscitava nei pretendenti, ormai più senza ragione, un'irresistibile brama. Ma lei scivolava via ad ogni loro cenno o parola amorosa, solleticando sempre più il loro ardore fino a che ognuno preso da disperazione, non le chiedeva, in ginocchio, la mano. Allora ella poneva loro un indovinello.
- Lo sai tu da dove soffia il vento? - Nessuno dava risposta. Rimanevano interdetti da una domanda così inaspettata.
Il popolo ormai non badava più a quei signori che, arrivando impettiti, se ne andavano curvi come mendicanti. Da parecchio tempo, nel paese di Moriacart, vivevano tutti assopiti da quel profumo che, oltre a polverizzare ogni carta, teneva annebbiata ogni memoria.
In un giorno di primavera Amanta, l'ancella prediletta della regina, uscita fuori nel prato a raccogliere fiori ed erbe, vide arrivare in lontananza l'ennesimo signore a cavallo. Uno dei tanti, pensò, che nell'amore verrà da Unpodori deluso.

- Aria, acqua, terra e stelle son da sempre belle, io mi affido a loro e mi rispondono in coro.-

Strano, un nobile signore che canta, pensò Amanta, e come canta! e alzandosi dall'erba rimase senza parole. Un bel giovane la guardava, lì a pochi metri.
- Mai ho sentito una tal bellezza nel canto - disse lei, colta dall'imbarazzo.
- E mai ho visto una tal bellezza in una femmina. - rispose lui.
- Di questo vi sbagliate, signore. -
- Quale umiltà! E dite allora, chi sarebbe quella che è ancor più bella di voi? -
- Ma come non siete qui per lei? -
- Non capisco, di chi state parlando? -
- Ma della regina Unpodori, famosa in tutti i regni. -
- Umpodori... Unpodori... no, mai sentita nominare. -
- Ma dove vivete? da dove venite? non avete sembianze di signore né di cavaliere. -
- Son uomo di ventura, vivo un po' qua, un po' là, e ho dimenticato dove son nato. -
- E' l'effetto del profumo. -
- Quale profumo? -
- Quello che si sente nell'aria! -
- L'odore, volete dire. Profumo è quando lieve viene e lieve va', come lo sguardo vostro che mi accarezza il cuore - e così dicendo lo straniero scese dal cavallo.

- Bella la fanciulla che sta qua, pare la luna, pare il sole. Ha gli occhi neri e dolce favella, o mamma mia che bella donzella - e cantando le si avvicinò.

- Restate dove siete! -
- Perché? -
- A noi ancelle è proibito aver contatto con uomini. -
- E chi l'ha detto? -
- La mia regina. -
- Bene, portatemi da lei. -
- Ma... avevate detto che non la conoscete. -
- Ora la voglio conoscere. -
E così Amanta condusse il giovane al palazzo reale, lo annunciò alla regina e, come di consueto, lo fece accomodare sul sofà, poi se ne tornò alle proprie faccende; quando però passava di lì scostava lievemente le tende per guardarlo. Lui era lì che aspettava canticchiando e girando per l'anticamera. Amanta pensò alla fine che avrebbe fatto il cuore del giovane e, per la prima volta, ne ebbe compassione. Doveva fare qualcosa, metterlo in guardia almeno. Decise così di aiutarlo.

- L'orologio ancor non batte, il gong ancor non s'ode, non è ora, non è ora. -

- Ssst! - disse Amanta - siete matto a cantare così forte? -
- Oh, la mia graziosa ancella: posso esservi utile in qualche cosa? -
- Spiritoso. Voi non sapete a quale rischio andate incontro. -
- Perché dite questo? Che male volete che faccia una splendida creatura? -
- Sì ella è bella, ma così perfida che vi strapazzerà il cuore fino a farlo sanguinare! -
Il giovane rimase perplesso e sorpreso, udendo le ultime e angustiate parole di Amanta, la quale lo mise al corrente dei modi seducenti della sua padrona, dell'irrisolvibile indovinello che poneva ad ogni pretendente, del profumo drogato che si sentiva in tutto il regno e che proveniva dalle sue misteriose pietre, e dell'effetto distruttore che tale profumo aveva sulla carta.
- Pensate - disse infine - che ella conserva ermeticamente, in una stanza sotterranea, i libri che trattano tutto lo scibile umano. -
- Portatemi in quella stanza - disse subito il giovane.
- Ma... non si può, è proibito! soltanto ella può averne accesso. -
- Vuol dire che vedrete il mio cuore straziato e sanguinante. -
- No, questo no! -

Nel punto più profondo del palazzo, Amanta aprì una piccola porta, poi un'altra ed entrò assieme al giovane in una stanza lunga e bassa. Lì il profumo non si sentiva. Ai lati, gli scaffali erano pieni di libri.
- Non so cosa riuscirete a scoprire in così poco tempo - disse Amanta, che vide il giovane coricarsi sul tavolo per la lettura, chiudere gli occhi e respirare profondamente. Questo è veramente matto, pensò Amanta, che rimase lì appoggiata agli scaffali a guardarlo intensamente. Ma un colpo di gong ruppe l'incanto.
- Andiamo, presto, la regina vi attende! - e lui si alzò in piedi, fresco e ben riposato, come se avesse dormito profondamente e per lungo tempo.

Il giovane oltrepassò una serie interminabile di veli e raggiunse la grande stanza reale. Sui sofà e più in là sull'ampio letto non c'era nessuno.
- Benvenuto, o giovane - disse una voce. Da una tenda bianca e finissima traspariva il corpo di lei.
- Perché non vi mostrate, così che io possa dire che siete la più bella creatura mai esistita al mondo? -
- Quanta fretta! Non avete neppure ricambiato il mio saluto. -
- Salute a voi allora, chiunque siate. -
- Non sono chiunque - rispose lei indispettita.
- Per me ognuno è chiunque se non lo conosco. -
- Siete indisponente - disse lei irritata.
- Dovreste sentire voi. -
- Ancora un insulto e vi faccio frustare! - gridò Unpodori. Al che il giovane iniziò a girare per la stanza e intonò divertito un suo versetto:

- O donzella, mia donzella, qui già arrotan la coltella, già preparano il bacile per il sangue mio gentile. -

- Dunque siete poeta - disse Unpodori, cercando di riprendere la calma.
- Mi diletto. Allora quand'è che vi mostrate? Non ditemi che avete paura!
- Paura io? - e Unpodori uscì. Era sì bella a vedersi, ma rigida nel viso.

- Facciamo pannolini e fasce per la regina che nasce - cantò il giovane. E lei, cercando di essere più sinuosa che mai si avvicinò a lui accarezzando con le dita i propri capelli.
- Siete abile nei versi - disse Unpodori giunta vicino.

- Invano le trecce belle ti fai, dal cuore selvatico mangiata sarai - cantò il giovane.

- Anch'io ne conosco molti.
- - Conoscete anche degli indovinelli? -
- Ha ha ha ha!- rise quasi sghignazzando la regina - certo. Vuoi che te ne ponga uno? - il giovane fece di sì con il capo.
- Allora stammi ben a sentire: Lo sai tu da dove soffia il vento? -

Il giovane alzò il capo, prese un respiro e cantò: - Soffia il vento dove vuole e tu ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va - e in quel mentre una leggera brezza invase la stanza.

Unpodori rimase come di sasso, poi una strana inquietudine le adombrò il viso. Iniziò ad ansimare e sulla sua pelle si formarono rughe profonde e dimagrì velocemente. Ella si accorse di ciò e si mise a gridare. Urla straziate echeggiavano nel palazzo. Accorsero ancelle e guardie, ma non ci fu nulla da fare; Unpodori raggrinzita e rinsecchita morì.

Già stava sul suo cavallo il nostro bel giovane, con gran desiderio di nuovi viaggi e imprese, quando vide, seduta sotto un albero, Amanta.
- Dov'è che ve ne andate ora ? - chiese lei.
- Lo sapete bene. Da tutte le parti e da nessuna. -
- Allora andate dove vado io - e così dicendo ella balzò in sella come un abile cavaliere e in un baleno scomparvero all'orizzonte.

(Tratta da "Il Giornalino - Primo Conto" della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza)


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