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trascritta da
Due soldati, Antonio, diventato zoppo per una brutta ferita di guerra, e Giovanni, un bel
giovanotto alto e dritto, tornavano a casa dopo una lunga guerra. Sognavano da tanto tempo
di poter ricominciare a vivere in pace con la loro famiglia, quando scoprirono che del
loro paese non rimanevano che rovine. La tragedia della guerra li aveva resi amici: allora
decisero di aiutarsi l'un l'altro per tutta la vita, dividendo gioie e dolori.
Così avvenne finché un giorno, recatisi in un bosco fitto e scuro alla ricerca di legna
e cibo, i due amici si persero di vista.
Era ormai buio quando, dopo aver cercato a lungo ma inutilmente l'amico, Giovanni trovò
riparo per la notte in una nicchia sotto un grande larice. Lì sotto si addormentò.
Un improvviso pauroso rumore lo svegliò nel pieno della notte: tre diavoli si erano
seduti proprio sui rami del suo larice e sghignazzavano tra loro.
Spaventato, per non farsi scoprire, il giovane rimase zitto zitto e immobile ad ascoltare
quello che si raccontavano.
- Tra un po' andrò a prendermi quel commerciante ammalato che non pensa altro che al
denaro - disse uno dei tre diavoli sfregandosi le mani.
- Con tutti i suoi soldi non può comperarsi una medicina per guarire? - Gli chiese uno
dei compagni.
- Se gli mettessero sotto il letto una serpe velenosa, guarirebbe. Ma nessuno conosce
questo rimedio e nei prossimi giorni quell'avarone morirà. - Concluse il primo diavolo.
- Io invece tra qualche giorno porterò all'inferno il barbiere del paese. - Affermò il
secondo diavolo.
- Ma non ci sono medicine nemmeno per lui?
E il secondo diavolo: - Basterebbe catturare una tartaruga con un amo d'oro, cucinarla e
far bere il brodo all'ammalato! La cura è tutta qui, ma nessuno la conosce e così io
tornerò all'inferno in sua compagnia.
Il terzo diavolo intanto li ascoltava sghignazzando:
- Io sì che mi divertirò! Molto più di voi! Non un'anima sola, ma tutti gli abitanti
del castello, mi porterò all'inferno!
- Ma come farai? - Esclamarono increduli gli altri due.
E il terzo rispose:
- Al castello manca l'acqua. Il re, che gira tutto superbo nella sua città d'oro e di
marmo, in cambio di un po' d'acqua darebbe la mano di sua figlia e anche il suo trono. Ma
nessuno è capace di aiutarlo. Pensare che sotto la pietra che si trova nella piazza del
castello c'è una sorgente così ricca che potrebbe allagare mezza città!
Finalmente i tre diavoli se ne andarono. Anche Giovanni, che aveva ascoltato con
attenzione la loro conversazione, riprese il cammino. Dopo un paio d'ore arrivò alla
città. Si presentò subito alla casa del commerciante ammalato.
- Sono qui per salvare il malato. - Annunciò il giovane ai servitori che gli aprirono la
porta.
- Cosa vuoi fare tu, soldataccio! Nessun medico è riuscito a guarirlo! - Gli urlò uno di
loro, respingendolo.
Ma un altro più anziano lo fermò: - Lascialo entrare: ormai quello che non nuoce fa
bene!
Giovanni si recò subito nella stanza dell'ammalato e sotto il suo letto nascose la vipera
che aveva catturato lungo il cammino. Non ci volle molto che il commerciante aprì gli
occhi, saltò fuori dal letto, cominciò a ridere e a scherzare con tutti e, felice della
guarigione, ricompensò il soldato con una ricca mancia.
Giovanni si rimise subito in cammino: c'era un barbiere morente che aveva bisogno di lui.
Giunto alla sua casa, si procurò l'amo d'oro con il quale catturò la tartaruga, che fece
bollire. Quindi fece bere il brodo all'ammalato. Non ci volle molto e anche il barbiere si
rialzò sano come una... tartaruga!
Il barbiere voleva che il soldato rimanesse a festeggiare con lui, ma Giovanni aveva
fretta: messe in tasca le ricompense ricevute, corse al castello.
Giunto là, si fece subito annunciare al re.
- Che cosa sei venuto a fare nel mio regno? - Gli chiese il re.
E Giovanni: - Ho saputo che questa bella città morirà presto, perché è rimasta senza
acqua.
- È vero purtroppo - esclamò il re - e sono disperato! Per salvare la città sono
disposto a cedere il mio regno e la mano della mia bellissima figlia.
Senza perdere tempo, Giovanni lo rassicurò: - Io posso aiutarvi. Seguitemi.
Davanti alla folla che lo guardava incredula, il giovane spostò la grossa pietra che si
trovava nella piazza principale: e subito... l'acqua limpida e fresca cominciò a
zampillare.
Felice, il re mantenne tutte le promesse e davanti al suo popolo disse:
- In questa giornata di gioia, io ti consegno la corona e lo scettro del mio regno, e
voglio che immediatamente sia celebrato il tuo matrimonio con mia figlia.
Per il matrimonio della sua bellissima figlia, il vecchio re organizzò una festa
memorabile, alla quale partecipò tutta la città.
Il nuovo re Giovanni era buono e saggio, il popolo lo amava e molti venivano da lui per
chiedergli aiuto e consigli. Un giorno arrivò un povero mendicante storpio, al quale,
senza farsi pregare, donò una moneta d'oro.
Il povero ringraziò, ma subito dopo allungò di nuovo la mano e... chiese un'altra
moneta.
- Vuoi un'altra moneta? - Chiese stupito re Giovanni.
E il mendicante: - Non è per me, ma per il mio vecchio camerata.
- Ma dove è il tuo amico? - Chiese il re
- Non lo so, - rispose il mendicante. - Un giorno ci siamo persi nel bosco e da allora non
l'ho più rivisto. Ma prima di perderci ci eravamo promessi che avremmo sempre condiviso
tutto. Da allora tutto quello che ho, lo divido per due e tengo la sua metà per quando lo
ritroverò.
E Giovanni: - Anche io ho sempre messo da parte la metà dei miei guadagni per il mio
compagno perduto nel bosco. Ma che oggi ho ritrovato!
Il giovane re abbracciò stretto il mendicante: aveva ritrovato il suo vecchio amico
Antonio. Con lui al fianco, non gli mancava proprio più niente per essere davvero felice.