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di
Da tanto tempo volavo da una nuvola all'altra. Su quelle piccole appoggiavo la punta del
piede e felice piroettavo come una trottola, su quelle grandi giocavo con tanti bambini e
bambine. Quando ero stanca invece cercavo una nuvoletta di media grandezza, che mi
accogliesse come una comoda soffice e calda poltrona. Da lì guardavo il cielo azzurro che
si apriva infinito sopra di me, oppure chiacchieravo con le stelle e salutavo, agitando la
manina, tutti gli angioletti che passavano (di solito erano di fretta, perché in ogni
momento c'era qualcuno da aiutare sulla Terra).
Da qualche tempo, sempre più spesso, mi ritrovavo a guardare la Terra: quanti colori
scorgevo e che belle voci mi arrivavano da laggiù nei giorni di cielo sereno!
Che fosse arrivato il tempo di scendere?
Allora dovevo spicciarmi: dovevo darmi da fare per scegliere il posto più giusto per me.
Per i miei viaggi di ricognizione avevo scelto la notte: ... così di giorno potevo ancora
giocare con i miei amici!
Avevo anche deciso dove svolgere le mie ricerche. Dall'alto del cielo avevo notato una
regione che mi sembrava stupenda per il verde intenso dei boschi, per il blu dei laghi di
montagna, per il rosa delle vette, per la varietà e il profumo dei fiori.
Per le case poi non c'erano problemi: ne avevo visto di tutti i tipi. Case e casette, in
montagna o sulle rive del lago, in mezzo alla città o solitarie sulla collina: ce n'erano
da soddisfare ogni esigenza!
Ma i primi che volevo visitare erano quei grandi castelli, con mura di cinta, torri e
torrioni, che, illuminati nel buio della notte sembravano miracolosamente sospesi nel
vuoto. Mi piacevano proprio. Ma come potevo salire fin lassù?
Al primo arrivai saltando dalla mia nuvoletta preferita, in un giorno di pioggia. Ricordo
che era un bel castello: grande, con stupendi affreschi sulle pareti del mastio e del
palazzo. Ma che spavento mi presi nella "casa delle guardie": dalle pareti mi
venivano incontro degli eserciti in assetto di guerra e i soldati mi scrutavano con
sguardi così truci
che senza pensarci due volte
scappai senza guardare
indietro!
Poco lontano ne notai un altro, ancora più grande. Era in una splendida posizione, in
cima ad una roccia. Arrivai lassù chiudendo gli occhi e desiderando fortemente di
arrivarci. L'espediente funzionò: ma che delusione! Non c'era nessuno lassù. E con il
medesimo metodo ridiscesi in tutta fretta.
Tornai indietro. Avevo visto poco prima un castello, con un torrione grande e massiccio,
che dominava la città. Da lì mi arrivavano suoni affascinanti e un vocio sommesso.
Entrai volando leggera con le mie fragili alucce. Il castello era affollato di gente che
ascoltava un coro. Mi fermai un pochino per godermi quella musica tanto piacevole, e nel
frattempo mi guardai intorno: armi, ricordi di guerra, foto di case distrutte e di uomini
sfiniti, ... Che forte e strano contrasto!
Lì però nessuno si interessava a me. Perché trattenermi ancora?
Era così tardi ormai e la notte era tanto buia, che, decisi, per quella prima uscita
avevo visto abbastanza.
Ma nel viaggio di ritorno, non seppi resistere alla curiosità di vedere cosa stava
succedendo in una delle case che sfilavano sotto di me. Chissà chi viveva là dentro?
Da una finestra scorsi una stanzetta accogliente, con disegni di fiorellini alle pareti e
tanti amici di peluche intorno a una culla. Era certamente la stanzetta di un bambino.
Che voglia di conoscere quel bambino fortunato! Lì non c'era nessuno, ma forse
nella stanza accanto ...
Entrai silenziosa e guardai dovunque: ma
lì bambini non ne vedevo!
C'erano però una mamma e un papà: chissà che bello farsi coccolare da loro. Perché non
provare? Non avrei fatto niente di male e, visto che lì non c'erano altri bambini, non
avrei fatto torto a nessuno ...
Mi sistemai in mezzo a loro nel lettone, e in breve, dimenticando tutto il resto, messo il
pollice in bocca, mi addormentai.
Il mattino dopo mamma e papà mi trovarono così. Felici del mio arrivo, guardandosi
sorridenti negli occhi, esclamarono: "Finalmente, è arrivata Gaia!"