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GLI GNOMI

di

Anna Maria

 

In un’epoca lontana la terra era ricca di foreste e di prati. Gli uomini e gli animali vivevano in armonia. La gente amava le tonalità dell’alba e del tramonto, le note ora dolci ora tempestose, intrecciate dal vento tra le foglie e dal ruscello tra i sassi. La sera, prima di addormentarsi, ringraziava con devozione la terra ed il sole per il giorno trascorso. La luna e le stelle tessevano il silenzio magico del mondo. I sogni degli uomini riflettevano la profondità del loro essere e della notte.
Proteggevano la vita degli uomini gli gnomi. Erano loro che facevano crescere sani i frutti e gli alberi, intonando sinfonie impalpabili che addolcivano l’anima rendendola serena. I piccoli esseri del mondo fatato giocavano con i bambini ed insegnavano loro il linguaggio indecifrabile della natura invisibile.

Un giorno lo spirito della terra chiamò gli gnomi e disse loro: ”Noi abbiamo dato agli uomini la pace e l’amore. Ora devono imparare da soli a conservare ciò e a non dimenticare il respiro infinito del cosmo. E’giunto il momento di nasconderci e di seguirli da lontano”.
Tutti assentirono con sofferenza. Sapevano, infatti, che sarebbero vissuti da soli nel silenzio, ma l’affetto per l’umanità era più tenace di qualsiasi dolore. Così si ritrassero .

La mattina dopo la gente si destò e si guardò intorno. Per la prima volta provò il sentimento della nostalgia. Tutto taceva. Chiamò gli gnomi. Nessuno rispose.
Intuì allora che da quel giorno la vita sarebbe stata diversa e ne ebbe paura.
Un bambino pianse e dalle sue lacrime nacque la brina. Una donna imprecò e dalla sua bocca scaturì la pioggia. Un uomo spezzò un ramo e la terra si coprì di neve. Una gazzella si avvicinò per capire e fu uccisa.
Un vento gelido percorse la valle. I fiori si ritirarono. Gli alberi lasciarono cadere i frutti. La gente uccise cervi ed orsi per nutrirsi. Spaccò i tronchi per costruire case ed accendere fuochi.
Arrivò la notte. C’era tristezza. I sogni erano neri e pesanti. Un fanciullo rievocò nel proprio cuore il ritmo melodico degli gnomi e intonò una canzone. In essa si parlava di un’età remota nella quale gli esseri umani e l’universo non erano ancora divisi. Tutti ascoltavano e, a poco a poco, l’animo si riempì di riflessi di luce. A qualcuno sembrò di vedere un minuscolo gnomo, nascosto dietro un cespuglio, ridere allegramente.

Trascorsero gli anni. L’uomo crebbe. Conobbe l’amore, l’odio, la gioia, il dolore. Scoprì il piacere di scrivere, di dipingere, di volare tra le stelle. Il pensiero divenne sempre più ardito, l’angoscia della morte sempre più lancinante, il sentimento sempre più debole.
Nell’intimità persisteva un antico sogno, un antico linguaggio ormai incomprensibile che, a tratti lo rafforzava donandogli momenti di vivida serenità senza il limite dello spazio e del tempo. Tornava, così, l’infinito istante dell’unità, cerniera appena definita tra il mondo visibile e quello invisibile.
Qualcuno raccontava con timidezza di aver visto un piccolo essere che, sapientamente, così gli parlava: ”Lo so, è difficile attraversare il buio inesplicabile del mistero ed il silenzio della solitudine. Ma quando non avrai più timore di ciò e nascerà in te il pensiero del cuore noi torneremo e, insieme, intoneremo le melodie delle sfere universali”.


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