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MATILDA E IL GIGANTE LEO

di

Loredana Limone

 

C’era una volta una bambina di nome Matilda che aveva otto anni e frequentava la terza elementare. Matilda abitava in un paesino fuori città non lontano da un parco faunistico dove tanti animali vivevano in libertà nel loro ambiente naturale ed al riparo da pericoli come quello della caccia.
Matilda non aveva ancora visitato il parco, sebbene i suoi genitori le avessero più volte promesso di portarla. Si diceva che nel parco, insieme con gli animali, vivesse un gigante. Questa cosa incuriosiva i bambini, ma nello stesso tempo impauriva gli adulti i quali temevano che i bambini si sarebbero spaventati.
In realtà non c’era proprio niente di cui preoccuparsi, il gigante tanto temuto era in realtà un ragazzo di dieci anni. La sua unica diversità era la sua altezza: era alto quattro metri e chissà quanto sarebbe diventato da adulto.
Nemmeno gli amici di Matilda erano mai stati nel parco ed ognuno di loro raccontava delle storie, spesso un po’ inverosimili, su questo strano “personaggio”. Invece Leo, questo era il nome del gigante, era un bambino come tanti, gentile e buono, che amava la natura e che avrebbe voluto avere tanti amici. Purtroppo a causa della sua altezza non aveva mai potuto essere amico di altri bambini e così aveva riversato sugli animali del parco tutto il suo affetto. Matida, per sapere qualcosa sui giganti aveva consultato tutti i suoi libri, l’enciclopedia multimediale del papà ed aveva cercato informazioni su Internet, ma alla fine della ricerca i risultati non erano stati poi così soddisfacenti; tutto ciò che aveva appreso era che i giganti erano figli del Cielo e della Terra, esseri di aspetto umano come noi, ma dalle dimensioni smisurate; ciò, però, accadeva tanto tempo fa e più che una realtà questa era una leggenda.
Almeno così le aveva detto il suo papà che era professore di storia.

Un giorno di primavera Matilda, dopo aver fatto i compiti, chiese alla mamma di accompagnarla al parco giochi, ma quest’ultima non poteva perché aveva del lavoro da sbrigare.
“Che peccato, mamma!” sospirò la bambina “è una così bella giornata! Ho proprio voglia di correre un po’ all’aperto.”
“Va bene” disse la mamma “Ormai hai otto anni e sei grande abbastanza per badare a te stessa. Ti do il permesso di uscire da sola, ma alle sette in punto devi essere a casa.”
Matilda uscì portando con sé la corda per saltare perché era certa che al parco avrebbe incontrato qualche amica con cui fare una bella gara. Invece non trovò nessuno che conoscesse. Aveva dimenticato che il mercoledì pomeriggio tutti i suoi amici andavano al corso di inglese. E lei? Non ne aveva bisogno perché lo conosceva già: la sua mamma era inglese!
Matilda iniziò a saltare con la corda, ma da sola non si divertiva. Ad un tratto udì un lamento, come se fosse di bambino piccolo. Allora iniziò a muoversi verso la direzione da cui proveniva il lamento. Il vento, un leggero venticello che aveva iniziato a soffiare, le faceva sembrare la voce vicina, ma Matilda non vedeva nessuno. Man mano che avanzava, il lamento diventava più forte e Matilda era certa che presto avrebbe trovato il bambino che stava soffrendo. A furia di camminare si ritrovò, senza accorgersene, di fronte al cancello del parco faunistico. E proprio sotto uno degli alberi lì davanti vide un cagnolino con una zampina rotta.
Matilda lo prese in braccio. “Non preoccuparti, cucciolotto. Ti aiuto io.” gli disse, pensando di chiedere aiuto a qualcuno del parco. Il cancello era chiuso e Matilda suonò il citofono del parco. Mentre la luce del videocitofono le illuminava il volto, una voce rispose: “Chi è?”
“Sono una bambina. Qui c’è un cagnolino ferito. Mi aiuti, la prego.”
“Arrivo subito.”

Dopo un attimo, il cancello fu aperto. Matilda guardò davanti a sé e vide un paio di piedi enormi, poi alzando la testa lentamente vide un paio di gambe lunghissime, un paio di braccia lunghissime, un corpo lunghissimo e in alto in alto, quasi in alto quanto le nuvole, vide un viso sorridente.
Matilda rimase muta per la sorpresa. Era proprio il gigante di cui si parlava!
“Non aver paura” disse il gigante mentre si chinava verso Matilda.
“Non ho paura, il tuo sorriso non fa paura.”
“Grazie, è bello sentirtelo dire. Ho sempre paura di far paura.”
“Come ti chiami?”
“Mi chiamo Leo. E tu?”
“Matilda.”
“Non puoi visitare il parco oggi. E’ chiuso. Ecco perché sono venuto ad aprirti io, in genere non mi faccio vedere, sto con gli animali, loro sono miei amici, non hanno paura di me.”
“Neanch’io ho paura di te, e se ti fa piacere, sono tua amica. Non sono venuta per visitare il parco. Ho trovato questo povero cagnolino qui davanti: è ferito, ha una zampina rotta. Puoi fare qualcosa per lui?”
“Certo, andiamo.”
Il gigante prese Matilda ed il cagnolino in braccio. Matilda non aveva mai provato quell’ebbrezza. Era addirittura più bello di quando era stata in aereo! Con pochi passi Leo li portò nel parco. Per la curiosità tutti gli animali si avvicinarono e Matilda vide tante specie che sino ad allora aveva visto solo sui libri di scuola. Leo tagliò il ramo di un albero, lo spezzò e ne fece due tavolette. Ne mise una sopra ed una sotto la zampetta del povero cagnolino. Poi fece una fasciatura con delle grosse foglie. Il cagnolino non piangeva più, ma dalla gioia leccava la grande mano di Leo.
Matilda saltò sulla spalla di Leo e gli schioccò un grosso bacione sulla guancia.
“Grazie, sei stato stupendo!”
“Ma di niente! Io amo gli animali e mi piace curarli. Naturalmente amo anche le persone, ma a causa della mia statura non ho mai avuto un bambino per amico.”
“Ora sì, ora hai me. Io sono tua amica.”
“Grazie, mi rendi felice.”
Matilda guardò l’orologio e scoprì che mancavano solo cinque minuti alle sette, orario in cui doveva essere a casa.
“E’ tardissimo!” esclamò “Non riuscirò a tornare a casa alle sette come mi ha detto la mamma!”
“Se ti fa piacere ti accompagno” le propose Leo “ così arrivi subito. Sai … io ho le gambe molto lunghe!”
“Sì, grazie! Così ti presento alla mia mamma!”
“Sei sicura che non si … spaventerà?”
“Ma cosa dici! La mia mamma è di … alte vedute!”
Entrambi risero divertiti per le battute sull’altezza di Leo. In braccio a Leo, Matilda ci mise pochi attimi per arrivare a casa.
“Caspita che forza, ogni tuo passo, sono venti dei miei!”
Arrivati a casa, Matilda disse a Leo di aspettarla un attimo in giardino ed entrò a chiamare la mamma.

“Ciao, mamma,” le disse “ho una sorpresa. C’è qui fuori un mio nuovo amico, si chiama Leo.”
“Perché non l’hai fatto entrare?” domandò la mamma.
“Perché non può. Non entra in casa.”
“Vuoi dire che non entra nelle case di persone che non conosce? E’ molto saggio. Bisogna stare attenti al giorno d’oggi.”
“No, mamma, voglio dire che non può entrare in nessuna casa perché … è alto quattro metri!”
“Mi stai prendendo in giro?”
“Cosa hai detto?” intervenne il papà che era in salotto a leggere il giornale.
“Oh, ciao papà, ora vi spiego. Ho conosciuto quello che chiamano il gigante del parco. In realtà è solo un ragazzo, non è per niente quello che si dice in giro. Venite a vedere.”
Seguendo Matilda, la mamma ed il papà uscirono in giardino e furono veramente sorpresi nel constatare che Leo era in effetti solo un ragazzo molto alto, ma che avrebbe potuto essere tranquillamente uno degli amici di Matilda se non fosse stato per quella statura esagerata. Anzi, con la divisa da boy scout era veramente rassicurante.
Non potendo entrare in casa, Leo fu invitato a restare per una cena in giardino. Tutti e quattro, anzi tutti e cinque perché c’era anche il cagnolino, trascorsero una piacevole serata. Quando salutò quella bella famiglia, Leo era veramente felice per due motivi: perché aveva dei nuovi amici e perché la mamma di Matilda, che era rappresentante di classe, gli aveva promesso che avrebbe parlato con gli altri genitori ed avrebbe fatto in modo che Leo potesse frequentare dei ragazzi come lui.
Così il giorno dopo fu organizzata una riunione nella scuola e la mamma di Matilda spiegò che quello che tutti erroneamente credevano un essere gigantesco ed orrendo era in realtà un ragazzo semplice, di buoni sentimenti, intelligente, generoso e desideroso di dare e ricevere affetto ed amicizia. Propose quindi di organizzare dei gruppi di ragazzi che andassero regolarmente a visitare il parco e diventassero amici di Leo.
Vinto lo scetticismo iniziale, uno dei papà che era ingegnere fece un’ulteriore proposta: “Si potrebbe costruire nel parco un capannone di adeguate dimensioni dove Leo potrebbe incontrare i nostri ragazzi anche in inverno e magari tenere delle lezioni. Lui potrebbe spiegare ai nostri ragazzi tutte le cose che sa sulla natura e sugli animali e per contro potrebbe imparare dai nostri figli quello che loro imparano a scuola.”
“Buona idea!” concordò la mamma di un bimbo molto svogliato “Così per spiegare le lezioni a Leo, i nostri figli dovranno per forza studiare!”
“Allora” disse un’altra mamma “io propongo di fare una raccolta di fondi per finanziare la costruzione del capannone.”
“Potremmo optare per una struttura prefabbricata.” suggerì il papà ingegnere.
“E’ lei l’esperto.” disse la mamma di Matilda “Anzi, se non ha nulla in contrario, io la nominerei direttore dei lavori.”
“Certo, bene!” esclamarono tutti in coro.
A quel punto un’altra mamma propose di fare una raccolta di fondi per finanziare la costruzione del capannone ed anche quest’idea trovò tutti d’accordo. “Ed io” intervenne un papà che era direttore di banca “ faccio la prima offerta a nome della Banca e la seconda a titolo mio personale.”
Dopo di lui anche gli altri genitori fecero le loro offerte e poi organizzarono pure una raccolta al di fuori della scuola a cui parteciparono tutti gli abitanti del paese.
Intanto non si parlava che di Leo e ben presto il parco diventò meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Quando la costruzione del capannone fu ultimata, ci fu una grande festa d’inaugurazione a cui la mamma di Matilda fece da madrina.
Leo era felicissimo e così i bambini che non vedevano l’ora di andare al parco per la “lezione” di Leo il quale ogni volta spiegava loro un nuovo interessante argomento.
Anche i bambini si dimostrarono degli ottimi maestri e ben presto Leo imparò a scrivere, leggere, coniugare i verbi, contare, fare le operazioni di aritmetica ed era il più veloce nella gara delle tabelline. Diventò bravissimo anche in storia e geografia. I suoi progressi giunsero alle orecchie del Direttore della Scuola che l’anno successivo diede a Leo la possibilità di sostenere l’esame di quinta elementare. Una commissione si recò nel parco e Leo, tremante di emozione, fu regolarmente esaminato. Se fu promosso?
Indovinate un po’!


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